Storia

L’AFFONDAMENTO DEL PRINCIPE UMBERTO

(di Ugo Gerini)

Con l’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale, il 24 maggio 1915, si aprì un nuovo fronte nel conflitto che già infuocava gran parte del continente. La linea di contatto fra italiani ed austro-ungheresi era tortuosa estendendosi dalle Alpi lombardo-venete e del trentino fino al Mare Adriatico lungo il corso del fiume Isonzo. Erano coinvolte truppe alpine e reparti di fanteria in una sanguinosa e snervante guerra di posizione con conquiste territoriali spesso risicate al costo di gravissime perdite umane. Sul Carso, da Gorizia a Monfalcone, era impegnata la 3.a Armata comandata dal Duca d’Aosta che si renderà protagonista nel corso del conflitto delle dodici Battaglie dell’Isonzo culminate con la rovinosa disfatta di Caporetto dell’ottobre 1917.
Nella dinamica della guerra che si stava combattendo a livello europeo, fin dai primi giorni del mese di ottobre del 1915, in seguito alla seconda avanzata austro-ungarica nella penisola balcanica, l'esercito serbo si trovò in grande difficoltà. Così il Governo italiano decise inizialmente di rifornire i serbi di viveri e munizioni attraverso l'Albania con il sostegno ed il dispiego del Regio Esercito. Ben presto però, quella che doveva essere solo un’operazione di sostegno, si trasformò in una vera e propria evacuazione dell’esercito serbo in rotta. La Regia Marina si fece carico delle operazioni  che imposero un grande sforzo logistico soprattutto per la costante scorta dei convogli diretti fra le sponde dell’Adriatico tra Albania ed Italia. Completato il salvataggio dell’armata serba e a seguito della successiva offensiva Austro-Ungarica sull’altipiano di Asiago, iniziata nel maggio 1916, il generale Luigi Cadorna decise di far rientrare dall’Albania due Divisioni italiane da utilizzare come riserva sul fronte orientale dell’Isonzo.
Il 55° Reggimento Marche, inquadrato nella Terza Armata, nella notte fra il 7 e l’8 giugno di quell’anno si imbarcò per questo motivo al gran completo dalla spiaggia di Valona su due piroscafi. Questi erano il Principe Umberto ed il Ravenna. Il Comando di Reggimento e la quasi totalità della truppa salirono sul Principe Umberto. Quest’ultimo era una bella nave di 7.929 t. di stazza, costruita nei cantieri di Palermo nel 1909. Fino al 1915 trasportò emigranti italiani sulle rotte oceaniche verso l’America del sud. Con lo scoppio della Guerra fu requisita dalla Regia Marina ed adibita al trasporto truppe.
L’uscita delle navi dal porto di Valona, con il conseguente ingresso nel mare aperto, era sempre operazione considerata molto pericolosa sia per la presenza di mine, sia per il naviglio nemico che incrociava in zona alla ricerca di obiettivi da attaccare.
Sotto questo aspetto c’erano già stati dei precedenti significativi.
Il 4 dicembre 1915, ad esempio, erano stati affondati il piroscafo “Re Umberto” ed il cacciatorpediniere “Intrepido”. Per questo motivo il Comandante navale militare, Vice Ammiraglio Enrico Millo a bordo della torpediniera “Alcione”, diede inizio all’accurata ispezione della baia di Valona prima di ordinare la partenza verso Taranto del convoglio con i piroscafi Principe Umberto e Ravenna. Non rilevando nulla di sospetto l’Ammiraglio Millo diede il via alla navigazione dell’intero gruppo navale che salpò alle ore 19.00 dell’8 giugno 1916. Improvvisamente verso le ore 21 sul “Principe Umberto”, quando ancora dalla nave si distinguevano filiformi a distanza le luci del porto di Valona, in un punto a circa 15 miglia a sud-ovest di Punta Linguetta, si avvertì una forte esplosione che diffuse il panico su tutto l’equipaggio ed i 2600 militari imbarcati.
Il sommergibile austroungarico U5 comandato dal Linienschiffsleutnant (tenente di vascello) Friedrich Schlosser e che stava navigando in rientro alla base di Cattaro, avvistò per caso il convoglio, riuscì con manovra audace ad intrufolarsi fra le navi di scorta e avvicinò il piroscafo fino a circa mille metri, da dove lanciò due siluri.  Uno si perse ma l’altro colpì la poppa del Principe Umberto. Lo squarcio fu importante e la nave affondò in pochi minuti trascinando sul fondo del Canale d’Otranto 1926 soldati del Regio Esercito dei quali oltre 500 erano originari della provincia di Treviso. Solo 895 si salvarono in quella che è passata alla storia come la peggiore tragedia navale della Prima Guerra Mondiale.